Home Page Il "Casa di Betania" Archivio Aprile 2010 E Vide e Credette

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Giovanni ha preceduto Pietro correndo per le strette viuzze di Gerusalemme, dal monte Sion fino al Golgota, fuori dalla mura.
È ancora presto, la luce ha appena dato forma e misura alle case della città santa.
Maria di Magdala è corsa a perdifiato e li ha avvertiti: «Hanno portato via il mio Signore e non so dove l’hanno messo!».
Giovanni arriva per primo, il cuore che batte all’impazzata nel suo petto.
Giovanni vede.
E crede.
Vede una tomba vuota.
E crede.
È il nostro modo di vedere le cose che interpreta la realtà.
Davanti al vuoto, Giovanni vede il pieno, davanti ad un’assenza, scorge una presenza.
Davanti al vuoto, alla difficoltà, alla morte, addirittura, noi affermiamo che Gesù è vivo e presente, che la sconfitta non ha, né mai avrà, l’ultima parola sulla Storia.
E sulla nostra vita.
Gesù è risorto, amici, semplicemente.
Non rianimato, né tantomeno reincarnato, no, è proprio risuscitato.
La gioia dilaga, la fine diventa un inizio, la luce comincia a farci capire, a riscaldare il cuore.
E questa notizia è arrivata fino a noi oggi, ci ha fatti alzare stamani, ci ha fatto radunare insieme alle comunità, ci riempie la vita.
Su quella tomba vuota, su quella pietra che non è riuscita a bloccare la presenza di Dio si fonda la nostra intera speranza, la speranza di milioni di uomini che lungo la storia hanno creduto al Vangelo.
Ma non è evidente la resurrezione, anzi si resta spiazzati nel leggere i Vangeli.
Evidente la crocifissione, evidente il sangue e la testimonianza, evidente e sconcertante l’urlo di sofferenza ma la resurrezione no, è tutt’altro affare, è questione di fede, non di evidenza.
La paura delle donne e il loro silenzio assomiglia troppo al mio e quello delle
nostre stanche comunità cristiane, che preferiscono venerare un crocefisso che annunciare un vivente.
La paura di non essere creduti o derisi blocca loro e noi.
Loro, donne in un mondo di maschi, persone inadatte ad annunciare una notizia così importante.
Noi, fragili, incoerenti, incapaci.
Eppure scelti dal Nazareno per essere suoi testimoni là dove viviamo, con le parole con cui lo Spirito ci riempie il cuore e la bocca.
Conosco troppi cristiani fermi al venerdì santo, accampati sotto la croce, troppo legati al proprio dolore per accorgersi che Gesù è risorto.
È tempo di abbandonare il dolore, di non amarlo, di redimerlo.
La gioia cristiana è una tristezza superata, la gioia cristiana è guardare delle bende e vedere il corpo trasfigurato che avvolgevano, vedere una tomba vuota e capire che sì, davvero il Signore è risorto.

Paolo Curtaz

Buona Pasqua, cercatori di Dio!
La Redazione

Ultimo aggiornamento (Martedì 13 Aprile 2010 07:18)

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