Italia Senza Futuro?Ogni anno il CENSIS (CENtro Studi Investimenti Sociali) fa una fotografia della situazione sociale italiana.
Quella del 2010 ci offre parecchi spunti per riflettere e per capire.
Paragona l’Italia anzitutto ad una AMEBA, cioè un’entità informe e senza spina dorsale: un paese che stenta a prendere coscienza del proprio potenziale e a compiere quello scatto di orgoglio che gli consentirebbe di riprendere forza e di guardare avanti.
Il Rapporto usa anche un’altra immagine, “un campo di calcio senza neppure il rilievo delle porte dove indirizzare la palla”: una società piatta quindi in cui “non riusciamo ad individuare un dispositivo di fondo (centrale o periferico, morale o giuridico) che disciplini comportamenti, atteggiamenti, valori”.
Quando, per esempio, parla il Presidente della Repubblica subito viene interpretato e commentato secondo i propri punti di vista, si polemizza, si discute, ma poi ciascuno torna a fare come prima: vuol dire che neanche lui è un punto di riferimento effettivo e quindi, tornando all’immagine calcistica, ciascuno gioca per sé e segna il goal dove vuole e, non essendoci le porte, non si sa chi vince o chi perde, ciascuno è arbitro di se stesso… L’Italia va così!
Questa società piatta e individualista riesce anche ad appiattire, nel senso che “fa franare anche tutti i soggetti presenti in essa e, in particolare, la loro capacità e il loro vigore soggettivi”. (Guardate l’uniformità paurosa a cui ci hanno obbligati: il “fan tutti così” è diventato l’emblema della libertà: è assurdo, siamo liberi di fare quello che fanno tutti!)
E’ un quadro fosco, che non ci può lasciare indifferenti, specie se se ne coglie il peso sulla vita delle persone e del Paese. (Guardate quanti fatti di violenza all’interno delle famiglie: siamo tutti pazzi o perché qualcosa non funziona?).
L’analisi del CENSIS evidenzia una crisi meno popolare di tante altre, ma che forse ne è la radice, o, meglio, spiega perché la nostra società fatica ad affrontare tutte le altre, da quella economica a quella della politica e a quella demografica. E’ la crisi del desiderio, cioè della tensione progettuale verso il futuro, della libertà di impegnarsi, della decisione di agire.
E’ il desiderio che spinge a cercare la porta cui indirizzare la palla: solo il desiderio ci fa alzare gli occhi dalle reti orizzontali che ci impigliano nell’esistente e in relazioni poco significative.
Per questo il Rapporto CENSIS afferma: “Tornare a desiderare è la virtù civile necessaria per riattivare una società troppo appagata ed appiattita”.
E’ qui che si innesta l’impegno educativo che coinvolge non solo le famiglie, ma anche la scuola e tutti gli enti che hanno a che fare con i ragazzi e i giovani.
E noi cristiani abbiamo anche la nostra da dire e da fare!

(Questi pensieri sono stati tratti dall’editoriale di Aggiornamenti Sociali - gennaio 2011)

Ultimo aggiornamento (Venerdì 25 Febbraio 2011 07:33)